"DOMENICA DELLE PALME"

Miei fratelli, noi siamo nell’ultima settimana del tempo di penitenza e purificazione che precede la pasqua.
Dopo um cammino percorso è indispensabile una reflessione: Che cosa è cambiato nella mia vita? Quale virtù ho imparato? Quali vizi ho superato? Quale la crescita nel mio itinerario spirituale? O ho continuato la stessa identica vita? Già mi sono convertito veramente o resto solamente nella pratica externa? Già mi sono aperto alla grazia rigeneratora del Signore? Ho lasciato che la semente del Vangelo, piantata nel terreno del mio cuore produrre frutti? Come agricoltore spirituale, tu fosti capace di strappare le malerbe: odio, rancore, invidia, gelosia, che contaminano la mia messe interna? Io ho salito la montagna per fare esperienza com Dio o rimango in superfície della mia accomodazione?
La Parola di Dio mostra uma sintese della vita e missione de Gesù. Gesù è il servo fidele. La sua vita può essere paragonata al servo sofferente del quale parla la prima lettura del profeta Isaia. Il servo è quello che:
Auita i desanimati: “Il Signore Dio mi diede una lingua di discepolo, perché io sappia sostenere lo stanco com la parola” (v. 4a). Gesù legge il libro del profeta Isaia, nella sinagoga Del Nàzaret e assume come sua la missione di aiutare e liberare i desanimati: “Lo Spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai ciechi; per liberare coloro che sono oppressi, e inaugurare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 16-19);
Ascolta La Parola di Dio: “Egli risveglia il mio orecchio, perché io ascolti come fanno i discepoli” (v.4b). Anche Gesù stava sempre attento alla voluntà del Padre. Nel Evangelo di Giovanni Gesù si dichiara come quello che è venuto a realizzare la volontà del Padre: “Perché sono disceso dal cielo non per fare la mia voluntà, ma la volontà di colui che mi há mandato” (6, 38);
Assume la sua missione, non fugge dalla sua missione, malgrado le sofferenze si consegna com fidúcia: “Il Signore Dio mi aprì l’orecchio ed io non sono stato ribelle, non mi sono tirato indietro. Presentai il mio dorso ai percuotitori, le mie guance a quelli che mi strappano la barba. Non nascosi la mia faccia agli oltraggi ed agli sputi” (5-6). Anché Gesù si consegna di forma totale nelle mani del Padre per fare la sua voluntà: “Abba, Padre! Tutto è posibile a te. Allontana da me questo cálice! Tuttavia non ció che io voglio, ma quello Che tu vuoi” (Mc 14, 36). Secondo Luca, l’ultime parole sulla croce furono: “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito” (23, 46).
L’entrata di Gesù in Gerusalemme, la cui memória noi faciamo oggi in questa celebrazione, è la dimostrazione che lui assume la sua missione fino alle ultime conseguenze: morte di Croce.
La morte di Gesù è conseguenza della sua opzione e della realizzazione della volontà del Padre. Sua opzione per i poveri, sua tenerezza e compasssione per gli emarginati, suo insegnamento riferibile al Regno, sua proposta di vita com base nella legge del’amore e nel riscatto della persona umana perché abbia vita piena, porta come consequenza la morte di Croce.
Nel tribunale ingiusto, Gesù è causa di umiliazione. Senza avvocato, senza testimoni di difesa, senza amici davanti al giuri che grida la sua crocifissione, è considerato come uno dei più pericolosi criminosi.
Conforme l’evangelista Gesù fu condannato per cinque delitti: Del’ordine sociale: “l’abbiamo trovato mentre sobilava la nostra gente” (23, 2b); del’ordine ideologico: “Costui solleva Il popolo, in segnando pertutta la giudea...” (23, 5); del’ ordine religioso: “tu dunque sei il figlio di Dio?” (22, 70); del’ordine economico: “proibiva di pagare i tributi a Cesare” (23, 2c); del’ordine político: “affermava di essere il Cristo re” (23, 2d).
Ma che re è Gesù? Re della verità, della giustizia. Non è un re triunfante che rientra in Gerusalemme con il suo cavallo bianco. Lui è umile e povero, rientra montato in um giumento. Il suo regno non è di questo mondo dei propotenti di quelli che usano del potere per dominare gli emarginati. Lui non há guardie, apparato bellico (Jo 18, 33-37), non há schiavi, e si amici (Jo 15, 15). Suo potere è il servizio : “Come il Figlio dell’uomo che non è venuto ad essere servito, ma a servire e dare la própria vita in riscatto di molti” (Mt 20, 28). Le sue vesti non sono di quelle che abitano in palazzi di re, ma il grembiule del servizio (Jo 13, 14), la túnica bianca della sua dignità, il mantello rosso del suo martírio. Sua residenza non era il palazzo dei potenti. Lui era forestiero, non há dove reclinare la testa (MT 8, 20). Suo governo è per tutti. Per loro promette la liberazione del suo giogo: “venite a me, voi tutti che siete affaticati e stranchi, Ed io vi daró sollievo” (Mt 11, 28). Non promette beni, ma il solo bene: la salvezza: “In verità ti dico : oggi, sarai con me in paradiso” (Lc 23, 43). Sua corona non è di oro, ma di spine (Jo 19, 2). Suo trono non è di oro, ma è la Croce, che testimonia la sua povertà, il suo amoré, il suo svuotamento (kenose), come dice Paolo, in lettera ai Filippensi (2, 6-8): “Il quale, essendo per natura Dio, non stimò um bene irrinunciabile l’essere uguale a Dio, ma annichilò se stesso prendendo natura di servo, diventando símile agli uomini; Ed essendo riconosciuto quale uomo, si umiliò facendosi obbediente fino allá morte e allá morte in Croce”.
Miei Fratelli, in contemplazione del Cristo in croce è necessario rivedere il nostro processo del conversione: Quale la mia attitudine davanti a Cristo: è di rifiuto, insulto, negazione oppure accettazione?
Fratello, non dimenticate: ogniuno di noi carica nell’interno um Giuda e um Pietro addormentati che quando si svegliano noi siamo capaci di tradire e negare il Cristo.
La morte di Gesù è la maggiore prova del’amore. Essere discepolo del crocifisso significa rimanere com lui in uma consegna amorosa fino alla fine.
Lodato sia il Pastore e guardiano del nostra anime, nostro Signore Gesù Cristo!